mercoledì 8 giugno 2016

"Cantare sul fiato"





Un'emozionante e magistrale esecuzione dell'aria "A te, o cara" del Maestro Giacomo Lauri Volpi è un ottimo inizio per introdurre un discorso complicato e astratto come può essere il "cantare sul fiato".







Esordiamo citando le parole del grande Maestro Beniamino Gigli per introdurre un argomento alquanto delicato e di fondamentale importanza per un uso corretto della voce e per la riuscita di un canto artistico ottimale.
"La prima condizione, per cantare bisogna ricordarsi il punto massimo, e cioè dove si deve appoggiare la voce, dove si deve prendere il "respiro profondo", perché il canto è basato unicamente sul respiro, e il respiro bisogna farlo sul diaframma; il diaframma ha una grande importanza."
Beniamino Gigli
Masterclass B. Gigli- Vienna 1955



Masterclass B. Gigli- Vienna 1955Parte II





Il grande tenore verdiano Carlo Bergonzi, che ebbe la fortuna di condividere il palco con i migliori cantanti del Novecento, disse a proposito del “cantare sul fiato”: “..ho potuto cantare a fianco di grandi tenori come Gigli, Schipa e Pertile. Ai quali chiedevo consigli tecnici negli intervalli: “Commendatore, come respira Lei per fare quegli attacchi sul passaggio?”. E Gigli rispondeva: “Caro, mettiti la mano qua sopra il diaframma mentre respiro”. E per darmi un esempio attaccava la prima frase di “Mi par d’udir ancor”. Ci sono tanti che dicono oggi: “Sì, ma è una tecnica vecchia!”. Sbagliano: la tecnica è una ed è basata sulla padronanza del fiato; è l’interpretazione semmai a mutare con gli anni”.



Chiedo perdono ai lettori se continuerò ancora una volta con le citazioni, ma credo che la testimonianza di chi ha fatto del “cantare sul fiato” una ragione di vita, valga molto più di un mero esempio tecnico da manuale. La Tetrazzini, ad esempio affermava che: "Bisogna capire il funzionamento di polmoni e diaframma e dell'intero apparato respiratorio, poiché il fondamento del canto è la respirazione e il controllo del fiato.
Io respiro basso giù nel diaframma, non, come fanno alcuni, in alto nella parte superiore del petto. Tengo sempre un po' di fiato di riserva per i crescendo, impiegando solo ciò che è assolutamente necessario, e riprendo fiato ovunque sia il punto più comodo per farlo.Un cantante deve essere in grado di fare affidamento sul proprio fiato, proprio come egli fa affidamento sulla solidità del terreno sotto i suoi piedi. Un respiro traballante, senza controllo è come un fondamento malsicuro sul quale non si può costruire nulla, e finché quel fondamento non è stato sviluppato e rafforzato l'aspirante cantante non deve aspettarsi alcun risultato soddisfacente.Non ci deve essere mai alcuna pressione della gola. Il suono vocale deve essere prodotto dal continuo flusso dell'aria. Dovete imparare a controllare questo flusso d'aria, cosicché nessuna azione muscolare della gola possa interromperlo. La quantità di suono viene controllata per mezzo del respiro."

Luisa Tetrazzini
Soprano di coloratura

Introduciamo ora l’argomento dal punto di vista tecnico, spiegando brevemente due fasi fondamentali del “percorso” del fiato nel canto lirico: appoggio e sostegno.



L’appoggio respiratorio è quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, mantenendo la contrazione degli intercostali esterni e del dentato posteriore superiore, rallenta la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi nell’economia e nel controllo del grado di pressione sottoglottica esercitata prevalentemente nella prima fase dell’espirazione.

Il sostegno respiratorio è quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, esercitando una contrazione della muscolatura di parete addominale (prevalentemente a carico degli obliqui), arriva a produrre un aumento di pressione intraddominale che facilita la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi in un aumento della capacità di regolazione della pressione sottoglottica in tutti i momenti della espirazione, e in prevalenza al termine.

La giusta respirazione della "vecchia scuola" ce la spiega Krauss raccontandoci del suo incontro con il grande maestro Lauri Volpi.
A. Krauss

La respirazione intercostale diaframmatica- Krauss e Lauri Volpi
Cantar “sul” fiato non significa altro che cercare l’equilibrio tra le due componenti ed evitare gli sbilanciamenti descritti. Nel raggiungimento di un tale risultato le sensazioni interne che il cantante riceve possono essere diverse. Alcuni avvertono maggiormente la sensazione della componente d’appoggio, altri quella del sostegno (e a volte alcune differenze di percezione possono essere legate al tipo di categoria vocale e al repertorio). Nel video il foniatra Franco Fussi.


Si dice solitamente che chi sa eseguire un buon “filato” sia padrone di un’ottima respirazione. Nei filati, in effetti, il gioco degli equilibri tra le due componenti richiede una consolidata perizia: in questo tipo di prestazione vocale l’attività muscolare inspiratoria aumenta progressivamente in tutto il crescendo, mentre nel diminuendo i muscoli non devono rilassarsi in modo eccessivo, poiché, verso la fine del suono, si dovrà fare uno sforzo espiratorio proporzionalmente più accentuato, essendo diminuita la riserva polmonare (inoltre un brusco minimo cambiamento di tensione muscolare causerebbe una variazione di intensità durante la stessa filatura). Se durante l’emissione la pressione espiratoria aumenta o diminuisce improvvisamente, il suono cresce o cala, se la pressione è irregolare il suono risulta tremolante. Ecco perché a volte l’intonazione crescente e spesso quella calante dipendono da cattivo dosaggio del fiato.

G. Lauri Volpi
Altra cosa importante per i cantanti è di tenere la "gola" aperta e indipendente dall'articolazione delle vocali in modo da ottenere un buona pronuncia e senza tensioni muscolari. Ascoltando quest'audio possiamo capire qualcosa sulla vocale forse più difficile, la I.
Breve lezione di G. Lauri Volpi sulla vocale I




Concludiamo citando un breve aneddoto di un cantante lirico del XXI secolo che ha dimostrato come il cantare sul fiato garantisca una longevità vocale impareggiabile. Basti pensare che il tenore Giacomo Lauri Volpi ha cantato con voce potente e cristallina fino alla sua morte, dimostrando ai nuovi tenori il corretto modo di adoperare i propri mezzi vocali senza mai usurarli. 

Antonio Cotogni

Ci svela in quest'intervista un trucco per i tenori appreso dal suo maestro Cotogni:

Lauri Volpi parla del sup maestro Cotogni




Tratto da una sua intervista a Busseto, risalente al 12 giugno 1976:

Dissi a Toscanini “Maestro sono dieci volte che esco e il pubblico la chiama, venga” allora siamo usciti altre cinque volte. Quando si è chiuso il sipario mi disse “Senta Lauri Volpi, io il tempo lo sento come lei, ma non credevo che un essere umano avesse la forza di ricuperare i fiati, di prender fiato e arrivare con questo impeto fino alla fine: io credevo che lei crepasse”

Cantanti lirici
Manuale di dizione, voce e respirazione

lunedì 6 giugno 2016

"La magia dell'elisir"



L’elisir d’amore è un melodramma in due atti di Gaetano Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo, 8 aprile 1848). Fu uno dei maggiori compositori di musica operistica italiana del primo Ottocento. La vasta produzione musicale di Donizetti, oltre a 73 melodrammi, alcuni dei quali ancora oggi vengono rappresentati nei Teatri Lirici di tutto il mondo, comprende 28 cantate, 19 quartetti, 3 quintetti, 13 sinfonie e ancora 115 composizioni sacre, molte liriche da camera e oratori).
Gaetano Donizetti.

Clicca sulla foto per visualizzare
il libretto in pdf.


Libretto di Felice Romani (Genova, 31 gennaio 1788 – Moneglia, 28 gennaio 1865. Librettista più famoso del suo tempo, scrisse circa un centinaio di testi, alcuni dei quali furono musicati più volte). 
È stato composto nella primavera del 1832. 
Rappresentato per la prima volta a Milano, Teatro della Canobbiana, il 12 maggio 1832.
Il libretto deriva dal libretto dell’opera “Le Philtre” di Eugene Scribe (musica di Danil- François- Esprit Auber – Parigi 1831), a sua volta basato su “ Il Filtro” di Silvio Malaperta.




Trama: Nemorino (tenore), contadino povero e di animo semplice, è disperatamente innamorato della ricca e capricciosa Adina (soprano) che lo respinge. L’arrivo del sergente Belcore (baritono) provoca una diversione , chiede ad Adina di sposarlo e lei rischia di cedere al suo fascino aggressivo. Nel villaggio giunge anche il Dottor Dulcamara (basso buffo), inventore di un toccasana dai “portenti infiniti”, che riesce a vendere anche a Nemorino garantendogli che entro ventiquattrore sarà amato da tutte le donne.
Ascolta la trama 
Nemorino, dolce ed innamorato della bella Adina in quest'aria esprime tutta la sua ammirazione verso la fanciulla. L'ascoltiamo da due tenori di diverse epoche. Florez e Di Stefano.



Quanto è bella, quanto è cara- G. Di Stefano















L’elisir non è altro che del vino rosso, ma infonde a Nemorino una certa fiducia che comincia a vacillare quando Adina accetta di sposare Belcore. Per quanto sia avvilito, Nemorino spera ancora che una nuova dose di elisir possa affrettare l’effetto desiderato. E non avendo più denaro decide di procurarselo arruolandosi nel reggimento di Belcore. Nel frattempo le ragazze del villaggio han saputo che lo zio ricco di Nemorino è morto lasciando a suo nipote l’eredità, il quale ancora non lo sa. Quando Nemorino si vede oggetto di “tutto il sesso femminino”, attribuisce l’effetto all’elisir. Adina non crede ai propri occhi vedendo Nemorino circondato da tante ragazze e Dulcamara le spiega che è tutto merito del suo elisir che Nemorino si era procurato soltanto per conquistare il suo cuore. Adina gli risponde dicendo che lei possiede un elisir più efficace che è il suo fascino e che è sicura che Nemorino l’amerà. Nemorino scorge una “furtiva lagrima” negli occhi di Adina ed è commosso, la fanciulla dopo avergli rivelato di aver riscattato il suo contratto di arruolamento, gli confessa di amarlo. L’intero villaggio è in festa per le nozze imminenti e saluta la partenza del Dot. Dulcamara, acclamato come un genio benefico. Possiamo goderci questa scena guardando il video qui a destra.


L’incanto , l’ironia, la leggerezza, l’eleganza con cui Gaetano Donizetti e Felice Romani hanno saputo raccontare una vecchia storia da farsa, trasfigurando quel che nasceva come teatro di strada in un capolavoro senza tempo e luogo. L’Elisir d’amore è figlio della vecchia opera buffa del Settecento, più che di Rossini. Si sentono ancora i recitativi accompagnati al clavicembalo, che nel 1832 dovevano sembrare già dei mezzi espressivi antichi. Però Donizetti maturo aveva una nuova caratteristica rispetto al teatro comico precedente, sapeva far ridere e commuovere allo stesso tempo. I suoi personaggi erano presi dalla vita reale e quindi il suo umorismo era struggente. In questo libretto troviamo anche la straordinaria capacità di caratterizzazione dei personaggi di Romani e quella di equilibrare l’elemento farsesco e quello idilliaco con straordinario buon gusto.

Guardiamo più da vicino il personaggio di Adina e la sua ultima aria “Prendi, per me sei libero”.




ADINA

Prendi; per me sei libero:
resta nel suol natio,
non v'ha destin sì rio, 
che non si cangi un dì. 
Qui, dove tutti t'amano,
saggio, amoroso, onesto, 
sempre scontento e mesto
no, non sarai così.


Ascoltiamo l'aria in questione eseguita dal grandissimo soprano Renata Scotto, prestando particolare attenzione alla sua maestria nel fraseggiare sul fiato e nell'eseguire i filati. E facendo il paragone con la vocalità della Callas, due grandi voci usate diversamente.












Adina è una giovane proprietaria terriera, bella, ricca e colta e vive in un piccolo villaggio contadino. Tutti l’ammirano e molti la desiderano. Le piace divertirsi e le piace farsi corteggiare. È anche un po’ capricciosa viziata ed irascibile. Ma in fondo ha un cuore buono. Insomma il suo personaggio rispecchia una tipologia illustre del genere comico. Romani e Donizetti infondono anche tratti di sensibilità nella figura di Adina, che in Scribe sembrava piuttosto una civetta-capricciosa.
L’aria “Prendi, per me sei libero”, è la sola vera aria doppia, quasi la conseguenza musicale e drammatica di ("Una furtiva lagrima"), un po' come se Adina avesse scoperto, insieme a noi ascoltatori, la nobiltà celata dietro il volto ingenuo del personaggio tenorile, espresso nella sua romanza. 


Clicca sulla foto per visualizzare lo spartito in pdf.



Una delle più belle, struggenti e conosciute arie liriche 
di tutti i tempi. 
Il tenore Tito Schipa, nel ruolo di Nemorino, 
è stato a mio avviso ineguagliabile, il Nemorino per eccellenza. 
Anche in questo caso si può godere a pieno della leggiadria del cantar sul fiato. 
Come il pittore con la sua tavolozza, 
Schipa è riuscito a render coloratissima quest'aria 
ed indimenticabili saranno i suoi filati e la sua magistrale interpretazione.


Propongo l'ascolto di questa bellissima romanza anche dalla voce del napoletano Enrico Caruso. E prima vorrei raccontarvi una curiosità:  Caruso decise di debuttare con quest'opera a Napoli il 30 dicembre del 1901, tornava nella sua città per ottenere il successo più grande, ma le cose andarono diversamente. Il giorno seguente alla messinscena, il giornalista Saverio Procida, scrisse sul quotidiano "Il pungolo" che Caruso aveva cantato "L'elisir d'amore" con voce da baritono. Il tenore ci restò malissimo e decise che sarebbe andato via da Napoli per sempre, ma il contratto che aveva stipulato prevedeva anche alcune recite di "Manon" di Massenet, e così potè prendersi la rivincita ottenendo un successo strepitoso. Ascoltiamo ora "Una furtiva lagrima" dalle sue "corde".

Clicca sull'immagine per ascoltare "Una furtiva lagrima "- Caruso

Non c'è bisogno di un duetto d'amore: sicché il ruolo di Nemorino non va molto al di là di quello di un "pertichino" ( sostegno passivo del canto altrui). Potrebbe essere l'aria finale, secondo l'uso antico del melodramma: ed invece le spetta solo il penultimo posto.

Perché il "vissero insieme felici e contenti", con la sua consolazione un po' mielosa, ci è sottratto da un brusco riaffermarsi della comicità, del paradosso, dell'imbroglio; quando ritorna il comico Dulcamara. Gli amanti di Donizetti appaiono più impacciati e cauti l’un l’altro, devono compiere un lungo giro prima di ritrovarsi assieme nella stessa musica, ma le asimmetrie dei loro cuori sono apparenti. Adina in quest’aria canta “ Qui dove tutti t’amano” , e ci rendiamo conto che il suo languore musicale è sincronizzato con i palpiti di Nemorino. Adina libera Nemorino senza nulla chiedergli in cambio mentre prima appariva come carceriera del suo cuore. Quest’aria è un'altra invenzione di Romani e Donizetti, è caratterizzata da una chiarezza e da una dignità melodica paragonabili a quelle delle sublimi melodie belliniane. In questo video ascoltiamo la "nuova" voce del soprano Anna Netrebko, diversa dalle voci d'un tempo, ma ugualmente degna di nota.

Simpaticamente concludo questo post regalandovi l'ascolto di una canzone dove potete trovare la ricetta del magico elisir.
"Elisir d'amor"- Mannarino

domenica 5 giugno 2016

"Parigi, o cara"


TITOLO: La Traviata. Melodramma in tre atti. 
LIBRETTO: FrancescoMaria Piave
FONTE LETTERARIA: La Dame aux camélias, dramma di Alexandre Dumas figlio.


PERSONAGGI:
· VIOLETTA VALÉRY (Soprano)
· ALFREDO GERMONT (Tenore)
· GIORGIO GERMONT, suo padre (Baritono)
· FLORA BERVOIX (Mezzosoprano)
· ANNINA (Mezzosoprano)
· GASTONE, Visconte di Letorières (Tenore)
· BARONE DOUPHOL (Baritono)
· MARCHESE D’OBIGNY (Basso)
· DOTTOR GRENVIL (Basso)
· GIUSEPPE, servo di Violetta (Tenore)
· DOMESTICO di Flora (Basso)
· COMMISSIONARIO (Basso)
· CORO: Servi e signori amici di Violetta e Flora, piccadori e mattadori, zingare, servi di Violetta e Flora, maschere.

LUOGO: Parigi e sue vicinanze. 
EPOCA D’AMBIENTAZIONE: 1850 circa. 
LINGUA: Italiano. 
PRIMA RAPPRESENTAZIONE: 6 marzo 1853 al Teatro La Fenice di Venezia.

L’idea della Traviata viene a Giuseppe Verdi come una folgorazione, dopo le prime rappresentazioni teatrali della "Dame aux camélias" di Alexandre Dumas figlio, nel febbraio 1852.
Il dramma era strato ricavato dall’autore, da un proprio romanzo autobiografico del 1848 che era stato un bestseller della letteratura scandalistica del tempo.
La scabrosità del soggetto, la parabola amorosa di Alphonsine Duplessis, una delle più celebri cortigiane parigine, morta ventitreenne appena un anno prima dell’uscita del romanzo, aveva elettrizzato Verdi, nonostante i pareri sfavorevoli dei benpensanti.
Musicalmente nella Traviata stride un poco l'utilizzo del valzer, voluttuoso e peccaminoso, ballo che stava conquistando l’Europa ai tempi di Verdi, mentre il dramma era ambientato nel secolo precedente.
Clicca sull'immagine per vedere il libro in pdf.

La prima rappresentazione avvenne al Teatro La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853. L'inizio dell'opera piacque al pubblico, ma dal secondo atto in poi cominciò a scemare e l'esito complessivo, a detta dello stesso Verdi, fu un fiasco.
Il compositore sostenne ripetutamente (come aveva già lasciato presagire prima del debutto), che la responsabilità dello scarso entusiasmo del pubblico non era imputabile alla musica, ma ai cantanti, reputati non altezza sia vocalmente che fisicamente.
In rotta con l'amministrazione del Teatro La Fenice, rea di non aver accolto le sue critiche sulla scelta degli artisti, Verdi decise di non autorizzare altre messe in scena de "La Traviata" se i panni di Violetta, Alfredo e Giorgio Germont non fossero stati indossati da artisti fisicamente e tecnicamente adeguati ai ruoli.
A causa della forte critica alla società borghese del tempo, l'opera, nei teatri di Firenze, Bologna, Parma, Napoli e Roma, fu rimaneggiata dalla censura e messa in scena con alcuni pezzi totalmente stravolti. Sempre per sfuggire alla censura, La Traviata dovette essere spostata come ambientazione cronologica dal XIX secolo al XVIII secolo.
Clicca sull'immagine per visualizzare il libretto dell'opera


ATTO I
Violetta Valery, donna di mondo, si trova nel salone della sua casa a Parigi, intenta negli ultimi preparativi prima dell'arrivo dei suoi ospiti. Poco dopo questi sopraggiungono. Tra gli altri sono presenti anche il Marchese d'Obigny, Flora Bervoix e il visconte Gastone de Letorières. Il visconte de Letorières presenta Alfredo Germont a Violeta; le spiega che, durante la sua recente malattia, lui si era recato più volte a casa sua per saperne le condizioni di salute. Lusingata e un po' incuriosita, Violetta chiede ad Alfredo Germont il perchè di tanta premura e rimprovera il Barone Douphol (protettore di Germont) di non aver fatto altrettanto. Visibilmente irritato, il Barone sfoga la sua frustrazione a Flora.
A seguire Viletta Valery propone un brindisi, a cui si uniscono tutti i presenti, Alfredo Germont in primis. Violetta Valery invita gli ospiti a spostarvi nella sala accanto, da dove proviene della musica. Mentre anch'ella si avvia, un malore la costringe a rimanere indietro al gruppo.
Mentre gli invitati escono dalla stanza, Violetta nota nello specchio il pallore del suo viso; si accorge anche che Alfredo Germont è rimasto con lei ad aspettarla. Alfredo approfitta del momento di intimità per confidarle il suo amore verso di lei. Egli, infatti, è segretamente innamorato di lei dalla prima volta che l'ha vista, circa un anno prima.



Il cuore di Violetta è incapace di provare vero amore per una persona; gli propone quindi di mantenere un rapporto di reciproca amicizia. Dopo aver detto questo però, gli consegna un fiore, con la richiesta di riportarglielo il giorno successivo. Alfredo si allontana, felice dell'invito appena ricevuto. La serata si avvia alla conclusione e gli ospiti si congedano da Violetta Valery, complimentandosi per l'ottima serata. Violetta, rimasta sola, ripensa alle parole di Alfredo. Dopo aver riflettuto sulla situazione, si ripromette di continuare la sua vita da cortigiana, rinunciando per sempre al vero amore.
Sempre libera- A. Galli Curci


         Anna Netrebko canta "Sempre libera"


ATTO II



QUADRO I

Alfredo è contento della sua relazione con Violetta. Incontrando Annina (la domestica di lei) le chiede cosa faccia. Annina risponde che la sua padrona l'ha mandata a vendere tutti i beni per poter mantenere la sua casa. Alfredo promette di occuparsi egli stesso della situazione economica e chiede a Annina di tenere Violetta all'oscuro di tutto. Una volta rimasto solo, Alfredo Germont si incolpa della situazione finanziaria precaria in cui versa Violetta Valery.

Amami Alfredo- Maria Callas
Intanto Giuseppe, il cameriere di Violetta le consegna un invito alla festa tenuta quella sera stessa al palazzo di Flora. In seguito l'avverte in un uomo che chiede di vederla.
Si tratta di Giorgio Germont, il padre di Alfredo, venuto a difendere le ricchezze della sua famiglia, accusando Violetta di approfittarsi di suo figlio. Violetta gli porge i documenti che attestano la vendita di tutti i suoi beni per mantenere l'amante presso la sua abitazione. Capendo la situazione, Giorgio Germont le chiede un sacrificio: pur comprendendo l'amore che lega i due giovani, egli deve pensare anche a sua figlia, che rischia di non potersi sposare a causa delle spese di Alfredo per mantenersi a casa di Violetta Valery. Giorgio Germont le chiede dunque di andarsene via per sempre e lasciare che suo figlio torni a casa. Violetta, senza parenti e malata di tisi, propone di allontanarsi per un breve periodo. Giorgio le fa notare che, non essendo loro sposati, quando le sue grazie svaniranno nessun legame costringerà Alfredo Germont a rimanerle vicino. Violetta alfine accetta di andarsene per sempre.
Dite alla Giovine- A. G. Curci e G. De Luca
Dopo l'usita di scena di Giorgio Germont, Violetta scrive una lettera al Barone Douphol e una allo stesso Alfredo Germont, esprimendo la sua decisione di lasciarlo.
Arriva Alfredo Germont, visibilmente agitato poiché ha saputo della presenza a palazzo del padre; all'oscuro di quanto appena successo, Alfredo vorrebbe presentarlo a Violetta Valery.
Dopo essersi fatta giurare eterno amore da Alfredo, Violetta fugge; insospettito, Alfredo legge la lettera e capisce che è andata alla festa organizzata da Flora. Nonostante le suppliche del padre, Alfredo, infuriato, la segue.
Clicca sull'immagine per ascoltare "Di provenza il mar il suol"
dalla voce di Giuseppe De Luca
QUADRO II






Le voci della separazione di Alfredo e Violetta arrivano anche alla festa in casa di Flora Bervoix. Alfredo arriva alla festa per cercare la sua amata; poco dopo arriva anche Violetta accompagnata dal barone Douphol. Un insulto indiretto a Violetta Valery da parte di Alfredo Germont, provoca le ire del barone, che sfida Alfredo a carte. Alfredo vince la partita e incassa una notevole somma.Violetta chiede dunque un colloquio privato con Alfredo, in cui gli chiede di andare via perchè ella ama il barone. Questa menzogna provoca lo sdegno di Alfredo Germont, che chiama a raccolta tutti gli invitati e getta una borsa di monete ai piedi di Violetta.
Violetta sviene tra le braccia di Flora, mentre tutti inveiscono contro Alfredo; anche il padre Giorgio, accorso a palazzo, lo rimprovera.
Il barone Douphol sfida a duello Alfredo Germont. Alfreo e Violetta si dichiarano reciproco amore.

ATTO III
La tisi ha pesantemente debilitato Violetta; nella sua camera da letto, il Dottor Grenvil confida a Annina che alla sua padrona rimangono solo poche ore. Intanto Violeta stringe al cuore una lettera scritta dal padre di Alfredo: Giorgio Germont la informa di aver svelato tutta la verità ad Alfredo, e che il suo amato sta tornando da lei. Violetta Valery sa però che è troppo tardi.
Mentre all'esterno del palazzo impazza il carnevale, Annina porta la notizia dell'arrivo di Alfredo.
A. Galli Curci e T. Scipa
Parigi o cara
Al capezzale del letto, Alfredo abbraccia la sua amata e le promette di portarla via, lontano da Parigi. Anche il padre di Alfredo sopraggiunge, colto ormai dal rimorso per aver ostacolato l'unione dei due. Ben conscia della sua fine imminente, Violetta porge ad Alfredo un medaglione, chiedendogli di portare sempre vivo il suo ricordo.
Violetta sembra riacquistare le forze e si alza dal letto, ma subito ricade esanime.


Quest'opera ha ispirato molti compositori e, tra le opere degne nota, siamo in dovere di proporvi l'ascolto della Fantasía sobre motivos de la ópera Traviata per chitarra di Julian Arcas, a mio avviso,
una delle più belle composizioni per chitarra del diciannovesimo secolo.













sabato 4 giugno 2016

"Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps?"


Werther è un'opera in quattro atti 
su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann, musica di Jules Massenet. La prima rappresentazione fu a Vienna nel 1892. Tratto dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Goethe.
Jules Massenet

Personaggi: 

·Charlotte, una giovane donna (mezzosoprano); 
· Sophie, sua sorella (soprano); 
· Werther, un giovane poeta (tenore); 
· Albert, fidanzato di Charlotte (baritono); 
· Le Bailli, padre di Charlotte (basso); 
· Schmidt, amico del Bailli (tenore); 
· Johann, amico del Bailli (baritono); 
· Bruhlmann, poeta (tenore); 
· Katchen, fidanzata di Bruhlmann (mezzosoprano).




Trama

Werther, giovane e sensibile poeta, si innamora di Charlotte che ricambia. Quest’ultima, però, è fidanzata con Albert e ha promesso alla madre morente di sposarlo. Dopo le nozze dell’amata Werther resta amico degli sposi, ma non riuscendo a darsi pace parte per un lungo viaggio con la promessa di ritornare per Natale. Così avviene e, solo con Charlotte, i due rievocano i vecchi tempi e la giovane gli chiede di riprendere la traduzione delle poesie di Ossian che le leggeva prima di partire. Werther dichiara la sua passione e bacia Charlotte, che dopo un attimo di cedimento torna ai suoi doveri di moglie e lo rifiuta. Werther se ne va e manda un biglietto ad Albert con il quale chiede in prestito la sua pistola: Charlotte comprende il proposito del poeta e lo raggiunge nel suo appartamento. E’ troppo tardi, Werther si è sparato e sta agonizzando, i due si dichiarano un’ultima volta il loro amore mentre il giovane si spegne e, fuori, i bambini (fra cui i fratellini di Charlotte) intonano canti natalizi.

Paul Milliet
L’idea di scrivere Werther risale al 1882 durante un viaggio intrapreso dal compositore con Hartmann e Milliet per assistere alla première milanese di Hérodiade, come lo stesso Milliet raccontò in un articolo apparso sul supplemento illustrato dell’«Écho de Paris» del 15 gennaio 1893:
«Che pensate di Goethe?» mi si domandò ad un tratto.
Io risposi con la frase di Mme de Staël: «Egli dispone del mondo poetico come un conquistatore del mondo reale».
E di Hermann et Dorothée? Mi piace molto questo idillio; con le sue dolci emozioni, i suoi personaggi simpatici, le sue descrizioni della natura, non potreste farmi un libretto di un lirismo perfetto?
Con Hermann et Dorothée! Certamente, io non ero propenso all’imprevisto degli avvenimenti o alle possibilità raggruppate in vista dell’effetto scenico; ma per stabilire un dramma di pura umanità, bisogna scegliere personaggi la cui anima sia il motore dell’azione, le cui evoluzioni psicologiche siano tragiche. Hermann, Dorothée, il farmacista e l’oste sono esseri di poca importanza. Perché sceglierli quando, nell’opera di Goethe, c’era un poema che soddisfaceva tutte le condizioni dell’azione lirica. Werther, sì Werther, la cui anima conosce l’infinità dei dolori e delle gioie? In Werther, c’è un dramma umano al quale si mescolano l’incanto e la desolazione della natura. L’immensità del mondo, con i suoi mormorii incantatori o lamentosi, con le sue armonie, le sue luci e le sue ombre, ha l’aria di associarsi alle sensazioni, alle idee, alle sofferenze dell’eroe […].
Ciò mi piace e mi stimola. Voi farete Werther.
E Massenet ne scriverà la musica?
E Massenet ne scriverà la musica».


Per il libretto fu richiesto l'ingegno di Paul Milliet e di Edouard Blau; gli autori del libretto si concessero alcuni arbitri, di sicuro con il consenso di Massenet e il fattivo contributo dell'editore Georges Hartmann. Nella versione musicata il personaggio di Charlotte è assai meno tormentato che in Goethe, ciò che è conscio in Massenet è confinato nell'inconscio nell'originale tedesco e l'intero svolgimento della tragedia perde in parte l'aura di mistero. Il finale , inoltre, rasenta il banale presentando Charlotte al capezzale di Werther morente, i tempi della cui agonia vengono dettati da esigenze musicali più che drammaturgiche. 

clicca sull'immagine per ascoltare il Finale del IV atto,
eseguito da Oralia Domionguez & Giuseppe Di Stefano
In Massenet si percepisce un susseguirsi di esasperazioni, di contrasti, c'è, è vero, poco spazio per l'introspezione, ma la vena sentimentale è ricchissima e, in musica, alcuni contrasti sanno parlare di drammi dell'anima in forma mirabile. Si pensi alla contrapposizione tra i canti natalizi dei bambini e la scena di morte disperata del protagonista e si ricolleghino le carole della Natività con l'inizio dell'opera e si chiuderà un anello che palesa una desolante e stridente adiacenza tra felicità e morte, disperazione e salvazione. D'altra parte il melodramma impone le proprie convenzioni e quindi anche un finale con un'agonia volteggiante sul pentagramma trova la sua ragion d'essere e il canto d'addio alla vita di Werther “Là-bas, au fond du cimetière” pone in vibrazione le corde sensibili dell'animo e la ragione non ha spazio                                                                                          emotivo.

Particolarmente toccante è la morte del giovane Werther. Vi proponiamo la messa in scena del finale del IV atto, nella quale si può appurare la drammaticità e la bellezza dell'opera.



Il protagonista, in virtù della giovane età e secondo una convenzione del melodramma. è un tenore e, per la tessitura e la linea di canto un tenore cosiddetto "di grazia". All'interprete di Werther non è richiesta, oseremmo dire che è vietata, una vocalità possente; la metafora vocale della fragilità giovanile, del romanticismo suicida esige voce chiara e vellutata. “Pourquoi me réveiller” è non per nulla diventato un cavallo di battaglia di molti tenori di grazia del secolo, i quali lo propongono frequentissimamente in recital. Ascoltiamo Mario Del Monaco, uno dei maggiori tenori del                                                                                       XXI secolo che ha interpretato Werther.



                                            Mario Del Monaco 
                                                                             canta 
                                                                  "Ah non mi ridestar"

Pourquoi me réveiller



Ah! Bien souvent mon rêve s’envole
Sur l’aile de ces vers,
et c’est toi, cher poète
qui, bien plutôt, était mon interprète!
Toute mon âme est là!


Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps?
Pourquoi me réveiller?
Sur mon front, je sens tes caresses
Et pourtant bien proche est le temps
des orages et des tristesses!
“Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps?
Demain dans le vallon viendra le voyageur,
Se souvenant de ma gloire première.
Et ses yeux vainement chercheront ma splendor,
Ils ne trouveront plus que deuil et que misère!
Hélas!
“Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps?











Ah, non mi ridestar


Ah, non mi ridestar

o soffio dell’April.
Ah, non mi ridestar.
Su di me sento la carezza
Ed ahime’, di gia’ spunta il di’
Del soffrir, della tristezza
Ah, non mi ridestar
o soffio dell’April.
Doman ritornera’ 
da lunge il viator
E del passato ricordera’ la gloria
E il suo sguardo invan
cerchera’ lo splendor
E non verranno piu’ che lutto
e che dolore. Ohime’!

Ah, non mi ridestar
o soffio dell’April

clicca sull'immagine per visualizzare la partitura completa dell'aria.
Porquoi me réveiller,
preceduta da un breve recitativo nel quale l’orchestra sembra veramente far decollare il sogno di Werther nell’atto in cui afferma Mon rêve s’en-vola, insistendo sui suoni acuti prima degli archi e poi dei legni. In essa è rielaborata soltanto la parte conclusiva del lungo passo dei Racconti di Ossian riportati da Goethe. Identificatosi con Ossian, Werther, accompagnato dall’arpa che sembra evocare una cetra, esprime i suoi sentimenti personali, manifestando la sua anima di sognatore che non vorrebbe mai svegliarsi per non entrare in contatto con la crudele realtà. Quale migliore ascolto se non quello di F. Corelli, uno dei migliori tenori di un tempo, uno dei massimi artisti del belcanto.
Cliccare sull'immagine per ascoltare la bellissima voce
di Corelli
Lo scontro tra sogno e realtà è rappresentato in modo emblematico dal disegno melodico corrispondente al motivo principale di Pourquoi me réveiller, che gravita attorno al do diesis (nota perno), dal quale la voce si discosta per grado congiunto e per salto prima di precipitare verso il la. Il disegno viene quindi ripetuto in una forma leggermente rielaborata una terza sotto a dimostrare il carattere pessimistico della melodia che non riesce a trovare più la strada del sogno. Tutta l’aria, del resto, di struttura bipartita, ruota attorno alla nota-perno do diesis in una scrittura che mostra sempre più la disperazione di Werther, il quale, alla fine della prima parte, ripete con dolore la domanda retorica iniziale con il disegno melodico rielaborato per diminuzione. Nel video possiamo ascoltare l'interpretazione del tenore di grazia per eccellenza Tito Schipa.


Perfettamente simmetrica e molto simile alla prima, la seconda sezione rappresenta un paesaggio desolato e luttuoso che inquieta Charlotte, la quale, tremante, come all’inizio del duetto con Werther, quasi recitando con dei ribattuti, chiede al giovane di non completare la lettura. Ormai la passione, espressa da una musica che non ha dimenticato né i sentimenti né il tema di Pourquoi me réveiller esposto dall’orchestra, è scoppiata e si concretizza in un bacio che rappresenta l’hapax dell’amore tra i due giovani. L’orchestra partecipa a questa scena di intenso lirismo raddoppiando la parte di Werther che manifesta la sua felicità per il bacio concesso da Charlotte e non riesce più a contenere la sua passione alla quale la donna cerca invano di opporre una sia pur minima resistenza. È uno scontro fittizio solo a parole, in quanto le loro anime sono intonate sulla stessa corda, quella della melodia di Pourquoi me réveiller. Annunciato da un tema non particolarmente brillante e accompagnato da un’armonia statica caratterizzata da un passaggio monotono dalla settima di dominante alla tonica di si maggiore e viceversa, in perfetta sintonia con il carattere altrettanto monotono del personaggio. Vi invito a cogliere le differenze tra due grandi Tenori:
G. Di Stefano- Ah non mi ridestar

B. Gigli canta  Pourquoi me reveiller


Guillaume Ibos e Marie Delna, Parigi 1893.



Al consistente successo del Werther nei teatri, corrispose un altrettanto notevole successo nelle sale d'incisione sin dagli inizi del '900 quando i passi celebri dell'opera, in particolar modo Pourquoi me réveiller, vennero incisi dai cantanti protagonisti della prima esecuzione. La prima incisione in assoluto risale al 1902 e ripodusse l'Air de larmes dell'atto terzo cantata da Marie Delna, interprete del ruolo di Charlotte nel 1893 alla prima francese all'Opera Comique di Parigi. Oggi nello stesso disco si può apprezzare anche l'incisione del 1907 di Pourquoi me réveiller di Guillaume Ibos.
Incisione delle due arie.
In questa incisione di grande valore storico, il celeberrimo brano dell'opera è cantato in un tempo leggermente più lento rispetto alle interpretazioni moderne e con una maggiore libertà ritmica che , ottenuta con tempi rubati e suoni tenuti come se ci fossero dei punti coronati anche dove non sono scritti in partitura, mette in risalto il valore emotivo del testo. Estremamente attenta anche l'espressione del testo e l'interpretazione dell'Air des larmes della Delna, della quale è possibile apprezzare la bellezza e la chiarezza della voce.



Concludo questa ampia parentesi proponendovi l'incisione di Juan Diego Florez, esortandovi a cogliere le differenze tra la prima incisione di G.Ibos e quella di un tenore dei giorni nostri. A seguire l'interpretazione del mezzosoprano Sophie Koch dell'Air des larmes.