Un'emozionante e magistrale esecuzione dell'aria "A te, o cara" del Maestro Giacomo Lauri Volpi è un ottimo inizio per introdurre un discorso complicato e astratto come può essere il "cantare sul fiato".
Esordiamo citando le parole del grande Maestro Beniamino Gigli per introdurre un argomento alquanto delicato e di fondamentale importanza per un uso corretto della voce e per la riuscita di un canto artistico ottimale.
"La prima condizione, per cantare bisogna ricordarsi il punto massimo, e cioè dove si deve appoggiare la voce, dove si deve prendere il "respiro profondo", perché il canto è basato unicamente sul respiro, e il respiro bisogna farlo sul diaframma; il diaframma ha una grande importanza."
Il grande tenore verdiano Carlo Bergonzi, che ebbe la fortuna di condividere il palco con i migliori cantanti del Novecento, disse a proposito del “cantare sul fiato”: “..ho potuto cantare a fianco di grandi tenori come Gigli, Schipa e Pertile. Ai quali chiedevo consigli tecnici negli intervalli: “Commendatore, come respira Lei per fare quegli attacchi sul passaggio?”. E Gigli rispondeva: “Caro, mettiti la mano qua sopra il diaframma mentre respiro”. E per darmi un esempio attaccava la prima frase di “Mi par d’udir ancor”. Ci sono tanti che dicono oggi: “Sì, ma è una tecnica vecchia!”. Sbagliano: la tecnica è una ed è basata sulla padronanza del fiato; è l’interpretazione semmai a mutare con gli anni”.
Chiedo perdono ai lettori se continuerò ancora una volta con le citazioni, ma credo che la testimonianza di chi ha fatto del “cantare sul fiato” una ragione di vita, valga molto più di un mero esempio tecnico da manuale. La Tetrazzini, ad esempio affermava che: "Bisogna capire il funzionamento di polmoni e diaframma e dell'intero apparato respiratorio, poiché il fondamento del canto è la respirazione e il controllo del fiato.
Io respiro basso giù nel diaframma, non, come fanno alcuni, in alto nella parte superiore del petto. Tengo sempre un po' di fiato di riserva per i crescendo, impiegando solo ciò che è assolutamente necessario, e riprendo fiato ovunque sia il punto più comodo per farlo.Un cantante deve essere in grado di fare affidamento sul proprio fiato, proprio come egli fa affidamento sulla solidità del terreno sotto i suoi piedi. Un respiro traballante, senza controllo è come un fondamento malsicuro sul quale non si può costruire nulla, e finché quel fondamento non è stato sviluppato e rafforzato l'aspirante cantante non deve aspettarsi alcun risultato soddisfacente.Non ci deve essere mai alcuna pressione della gola. Il suono vocale deve essere prodotto dal continuo flusso dell'aria. Dovete imparare a controllare questo flusso d'aria, cosicché nessuna azione muscolare della gola possa interromperlo. La quantità di suono viene controllata per mezzo del respiro."
Luisa Tetrazzini
Soprano di coloratura
Introduciamo ora l’argomento dal punto di vista tecnico, spiegando brevemente due fasi fondamentali del “percorso” del fiato nel canto lirico: appoggio e sostegno.
L’appoggiorespiratorioè quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, mantenendo la contrazione degli intercostali esterni e del dentato posteriore superiore, rallenta la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi nell’economia e nel controllo del grado di pressione sottoglottica esercitata prevalentemente nella prima fase dell’espirazione.
Il sostegnorespiratorio è quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, esercitando una contrazione della muscolatura di parete addominale (prevalentemente a carico degli obliqui), arriva a produrre un aumento di pressione intraddominale che facilita la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi in un aumento della capacità di regolazione della pressione sottoglottica in tutti i momenti della espirazione, e in prevalenza al termine.
La giusta respirazione della "vecchia scuola" ce la spiega Krauss raccontandoci del suo incontro con il grande maestro Lauri Volpi.
Cantar “sul” fiato non significa altro che cercare l’equilibrio tra le due componenti ed evitare gli sbilanciamenti descritti. Nel raggiungimento di un tale risultato le sensazioni interne che il cantante riceve possono essere diverse. Alcuni avvertono maggiormente la sensazione della componente d’appoggio, altri quella del sostegno (e a volte alcune differenze di percezione possono essere legate al tipo di categoria vocale e al repertorio). Nel video il foniatra Franco Fussi.
Si dice solitamente che chi sa eseguire un buon “filato” sia padrone di un’ottima respirazione. Nei filati, in effetti, il gioco degli equilibri tra le due componenti richiede una consolidata perizia: in questo tipo di prestazione vocale l’attività muscolare inspiratoria aumenta progressivamente in tutto il crescendo, mentre nel diminuendo i muscoli non devono rilassarsi in modo eccessivo, poiché, verso la fine del suono, si dovrà fare uno sforzo espiratorio proporzionalmente più accentuato, essendo diminuita la riserva polmonare (inoltre un brusco minimo cambiamento di tensione muscolare causerebbe una variazione di intensità durante la stessa filatura). Se durante l’emissione la pressione espiratoria aumenta o diminuisce improvvisamente, il suono cresce o cala, se la pressione è irregolare il suono risulta tremolante. Ecco perché a volte l’intonazione crescente e spesso quella calante dipendono da cattivo dosaggio del fiato.
G. Lauri Volpi
Altra cosa importante per i cantanti è di tenere la "gola" aperta e indipendente dall'articolazione delle vocali in modo da ottenere un buona pronuncia e senza tensioni muscolari. Ascoltando quest'audio possiamo capire qualcosa sulla vocale forse più difficile, la I.
Concludiamo citando un breve aneddoto di un cantante lirico del XXI secolo che ha dimostrato come il cantare sul fiato garantisca una longevità vocale impareggiabile. Basti pensare che il tenore Giacomo Lauri Volpi ha cantato con voce potente e cristallina fino alla sua morte, dimostrando ai nuovi tenori il corretto modo di adoperare i propri mezzi vocali senza mai usurarli.
Antonio Cotogni
Ci svela in quest'intervista un trucco per i tenori appreso dal suo maestro Cotogni:
Tratto da una sua intervista a Busseto, risalente al 12 giugno 1976:
Dissi a Toscanini“Maestro sono dieci volte che esco e il pubblico la chiama, venga” allora siamo usciti altre cinque volte. Quando si è chiuso il sipario mi disse “Senta Lauri Volpi, io il tempo lo sento come lei, ma non credevo che un essere umano avesse la forza di ricuperare i fiati, di prender fiato e arrivare con questo impeto fino alla fine: io credevo che lei crepasse”
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